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Riflessioni di don Daniele Dal Prà al Cantico dei Cantici

 

 
Una voce! Il mio diletto!
Eccolo, viene
saltando per i monti,
balzando per le colline.
Somiglia il mio diletto a un capriolo
o ad un cerbiatto.
Eccolo, egli sta
dietro il nostro muro;
guarda dalla finestra,
spia attraverso le inferriate.
Ora parla il mio diletto e mi dice:
"Alzati, amica mia, mia bella, e vieni.
Perché, ecco, l’inverno è passato,
è cessata la pioggia, se n’è andata;
i fiori sono apparsi nei campi,
il tempo del canto è tornato
e la voce della tortora ancora si fa sentire
nella nostra campagna

 

INTRODUZIONE

    La Sacra Scrittura è una grande rivelazione dell’amore di Dio, ma il Cantico dei Cantici è un testo assolutamente unico nel tema dell’amore, assumendo una connotazione molto particolare all'interno del canone biblico; pur non tralasciando la possibilità di riferimenti a testi simili, nelle culture circonvicine, per esempio in Egitto e in Mesopotamia. All'interno della rilettura giudaica, e con alcuni esempi anche recenti nel secolo scorso, c'è stato un tentativo di rileggere in esso, la storia di Israele: Dio che prende e cerca il suo popolo come la sua sposa, e la conduce fuori dall'Egitto, in un contesto completamente storicizzato. Un altro filone interpretativo, cosiddetto letterale, assumeva il Cantico dei Cantici come un testo sapienziale e lirico, che canta l'amore umano e nuziale, nella consapevolezza che non sia possibile parlare dell'amore umano senza parlare di quello Divino, e viceversa. Non sappiamo chi abbia scritto questo canto biblico, anche se viene attribuito con finzione letteraria a Salomone, ne siamo a conoscenza della sua data di composizione, un libro, quindi, che sfugge alle pretese di catalogazione per presentarsi così come è.

 

IL CANTICO DEI CANTICI

    Cantico dei Cantici è un modo per dire il superlativo: il cantico totale, il cantico più bello, il cantico vero, il cantico per eccellenza, quel Cantico che la tradizione giudaica dice è stato cantato dal mondo intero quando Dio ha posto le fondamenta del mondo. Esso è fondamentalmente il canto dell'amore di un uomo e di una donna, dove si canta la loro unione, il loro affetto, la loro bellezza, descrivendo i due personaggi così come gli occhi dell'altro lo vedono, è l'amore in tutti i suoi elementi e in tutte le sue sfaccettature; ai due personaggi, si affianca il coro, e un canto corale che punteggia i diversi elementi o commenta alcune scene. Anche il mondo è un protagonista notevole, e nel giardino mentre lui pascola, e lei tiene d’occhio le pecore dei suoi fratelli, si cercano per i campi, con uno sguardo che si celebrano l'un l'altro nella loro bellezza e nel loro essere desiderabile, in riferimento al mondo e alla natura.  L'amato guardando l'amata rilegge il suo corpo con una lettura trasfigurata dall'amore, nella quale dimensione, rileggono il mondo, in maniera completamente opposta alla frattura elencata nel testo del Genesi , e attraverso la loro unione, viene raffigurato un mondo ridiventato nuovamente armonioso. Il Cantico, pur non nominando mai Dio, in realtà è una allegoria che canta l'amore che Dio ha: per l'uomo, per Israele, per il credente. Se infatti, in molti testi della Scrittura, si predilige la metafora sponsale, per indicare la relazione tra Dio e il suo popolo, come nel libro di Osea, dove Dio rimane fedele, nonostante il suo amore venga umiliato e tradito, il Cantico dei Cantici più di ogni altro, aiuta a mettere in luce come l’amore sia attesa e tensione, davvero capace di creare sempre cose nuove.     La scena tipicamente orientale, presentata come esempio, nei versetti citati all’inizio di questo elaborato, aiuta a capire come anche nei piccoli elementi, contenuti in questo libro, il lettore ha la possibilità di comprendere cosa sia l’amore. In questi pochi passi, ritroviamo una serie di elementi anche decorativi: lei è in casa, il cerbiatto, che giunge con tutta l’agilità e l’impazienza del giovane, ma che "sta in piedi fermo", dietro il muro, mentre lei spia attraverso l'inferriata; lui vede lei senza vederla, ma come lei di lui ha riconosciuto il passo, così lui di lei, riconosce la figura. È attesa e desiderio, che vuol dire apertura all'altro, in una esperienza di continua novità, un amore che è continuamente sorpresa,  meraviglia, che è ciò che permette la relazione. Ci si appartiene, ci si dona reciprocamente, ma questa non è l'ultima parola dell'amore, l'amore continua sempre a desiderare. Questi rapporti per parlare dell'amore di lui e di lei, rimandano ad altro, nel gioco della sovrapposizione delle voci, come altro bel modo per dire l’amore: essere uno rimanendo due, ed essere due per diventare uno. Lo stesso riferimento ai segni naturali come la pioggia, fonte di bellezza in un Israele arido che fa nascere fiori e frutti, acquista la doppia valenza di vita e di morte in quanto pioggia invernale che diviene torrente impetuoso. Ma di lei è rimasta solo la valenza positiva, sono rimasti i fiori, che la pioggia ha dato, ed ora scompare. Dopo l’angoscia dell'inverno, arriva la primavera, con il riaprirsi della vita, momento in cui tutto si sveglia, dove i campi tornano ad essere i campi della vita, che danno cibo. È la primavera in cui si può sperimentare che non è l’inverno a dire la parola fine sul ciclo dell’agricoltura, ma il chicco di grano caduto in terra che inizia con il suo verde stelo a divenire spiga dorata. Il tempo della vita, manifestato attraverso le stagioni e la natura, diviene tempo per celebrare l’amore, per  ritrovarsi insieme e riconoscere nell’altro il dono. Anche il mondo diventa più bello, si manifesta per quello che è: una nuova realtà, che dice che la vita ha senso, è bella, può essere vissuta, perché nella vita c'è l'amore: un amore che sa andare al di là della morte, donando la vita. Questo profondo amore umano assume un valore nel contesto della Rivelazione come ricorda Bonhoeffer: Dio e la sua eternità vogliono essere amati con tutto il cuore; non in modo che ne risulti e compromesso o indebolito l’amore terreno […] anche nella Bibbia c’è infatti il Cantico dei Cantici e non si può veramente  pensare amore più caldo, sensuale, ardente di cui esso parla […] è davvero una bella cosa che appartenga alla Bibbia .

 

CONCLUSIONE

    Nella brevità di questa analisi, non possiamo tralasciare il grande insegnamento che giunge da questi pochi versetti della Scrittura, come esperienza per conoscere il mistero profondo del cuore di Dio. Gregorio Magno aveva ben chiaro il fatto che il Cantico dei Cantici è un carme d’amore nuziale, umano e divino, non solo da conoscere, bensì da vivere: Verbum Dei non est mirabile solummodo scire, sed facere . Mentre nella storia della salvezza, molti sono i cantici elevati a Dio per le opere che ha compiuto, il Cantico dei Cantici è lode intonata alle nozze dello sposo con la sua sposa tanto desiderata. Simbologia, mistero, che attraverso gli elementi della natura, esprimono intimità, compunzione, tenerezza nella sublimità e solennità liturgica. Nozze che nell’Incarnazione del Verbo, come profumo effuso, si diffonde sino alla natura umana, rendendola per incantevole fragranza degna di assumerne la divinità. Anche Bernardo nel sottolineare la saggezza di Salomone commenta: perciò giustamente la sposa, cercando colui che l’anima sua ama, non si affida ai sensi della carne, non accetta i vani ragionamenti dell’umana curiosità; ma chiede il bacio, cioè, invoca lo Spirito Santo, per mezzo del quale riceverà insieme e il gusto della scienza, e il condimento della grazia.  Seppur nella liturgia cattolica, il testo del Cantico dei Cantici venga utilizzato in circostanze limitate, come nel caso di una professione religiosa, la celebrazione delle nozze, e nella ricorrenza della festività dedicata a Maria Maddalena; ciò non sminuisce il fatto, che nella dimensione storica della Rivelazione biblica, esso, sia una epifania divina che diviene messaggio teologico dentro la realtà umana.

 

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