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La peccatrice  e la Misericordia
(Lc 7,36-50)

di Claudio Capretti

Vanno via senza mai dire una parola. Sempre nello stesso modo dopo aver fatto ciò per cui sono venuti. Anche dando le spalle ad ognuno di loro quando escono, anticipo ogni loro movimento: il rumore delle monete che lasciano cadere sul tavolo, l’aprirsi della porta, l’attendere un poco il momento propizio per uscire e non essere visti, ed infine il  tonfo leggero della porta che si chiude alle loro spalle.  Di nuovo sola, con gli occhi fissi verso un muro, che, distesa sul mio letto mi ritrovo a toccare con la mano, in attesa di qualcun altro che venga a strappare un altro pezzo di me stessa. Io e il nulla, dinnanzi ad un cupo orizzonte da cui non trapela un minimo spiraglio di luce, dinnanzi a qualcosa che, come questo muro non posso oltrepassare.  Non avrei voluto questa vita, non l’avrei scelta per nessuna cosa al mondo. Forse è stata lei a scegliere me, promettendomi montagne meravigliose e dandomi solo burroni colmi di rovi; infinite stelle che illuminassero la mia vita e non avendo che un buio più nero della pece.  Due voci mi accompagnano in questo viaggio verso il nulla; la prima, generata dalla mente, mi spinge a proseguire senza fermarmi, e spietatamente mi dice di non avere  altre vie da percorrere se non quella in cui mi sono imbattuta; che  una come me, altro non può fare che questo per tutto il resto della sua vita. D’altronde, come negare l’evidenza dei fatti, come darle torto? Né  posso farla tacere quando ghignando mi ripete: “Sei solo carne da usare, da pagare, e da buttare via”. L’altra voce, quella si frappone a quest’ultima, è quella delicata come la brezza, che vorrebbe arrestare la mia corsa verso il nulla, ed è la voce che parla di Te, Gesù di Nazaret. Appena ho iniziato a conoscerTi per sentito dire, è sorta in me una domanda: “Chi è mai costui?”.  Di Te si diceva che sanavi i malati, guarivi i lebbrosi, restituivi la vista ai ciechi, che non disdegnavi la compagnia dei pubblicani e dei peccatori, forse è per questo che desideravo incontrarTi.  Ogni volta che il pensiero si volgeva a Te, qualcosa della mia anima si ridestava, era come se il desiderio di Te risuonasse così forte nel mio cuore, ed avesse il potere di arrestare la mia corsa verso il niente, verso il non senso.  Iniziai allora a fare mie le parole di un salmo ascoltate molti anni prima da bambina che diceva: “Come una cerva che anela ai corsi d’acqua, così è l’anima mia che Ti cerca”. Io o Signore dei signori, sono questa cerva che è alla ricerca di quest’acqua, e le voci che parlano di Te, sono il suono dello scorrere del fiume che ancora non vedevo, ma a cui dovevo giungere per dissetare la mia anima. E’ per questo che ti ho cercato, di nascosto ti ho visto, sempre di nascosto ti ho ascoltato. Per un istante, in una di queste volte ho avuto come la sensazione che il tuo sguardo si posasse su di me, che quello che stavi dicendo mi riguardasse in prima persona.  Fu quando dicesti che chi ascolta le Tue parole e le mette in pratica è come colui che costruisce la sua casa sulla roccia. Capii che era in Te che avrei dovuto costruire, o meglio ricostruire la mia casa, Tu eri la roccia sulla quale avrei dovuto poggiare il mio cuore e la mia anima. Voglio accogliere in me questo anelito di salvezza, e chiederTi con forza: “Fammi giustizia o Dio, difendi la mia causa contro gente iniqua e spietata” che sono i miei demoni, coloro che mi hanno sedotto e che ora mi tengono prigioniera. Oggi, Gesù di Nazaret, vengo a Te  per portarti tutta la mia vita, una vita invasa, infestata dai miei peccati, affinché Tu possa restituirmela come nuova, immacolata.  Entro nella casa del fariseo che ti ospita, avanzo con tremore e vergogna verso di Te, guardo appena coloro che forse con disprezzo mi guardano, che si scostano al mio avanzare, ma nessuno osa fermarmi. Io immonda, io peccatrice  porto tra le mie mani un vaso di prezioso profumo, per donarlo a Te, che sei il profumo di Dio, affinché sanata possa tornare ad essere ciò che ero, ciò per cui sono nata, essere anch’io profumo di Dio. Mi inginocchio dinnanzi a Te, piango per i miei peccati, scendo profondamente nei miei abissi e in questa discesa Tu sei accanto a me. Sento che mi sostieni, che non mi abbandoni alla disperazione nel vedere il male recato alla mia anima. Non trattengo in me una sola lacrima che dolorosamente escono dal mio cuore, che, come rivoli infuocati attraversano il mio viso,  poiché in ognuna di esse vi è racchiuso un mare di peccati. Cadono sui tuoi piedi, si frantumano in mille e mille altre parti ed è come se su di Te, i miei peccati si sfracellassero. Asciugo con i miei capelli  i piedi del Messaggero che reca lieti notizie, di nuovi e immacolati baci li rivesto. Li cospargo di profumo, e avverto che ti compiaci del mio ritorno a Te o mio Signore. Sento che il mio cuore torna di nuovo a cantare, l’anima a danzare mentre la mente zittita rimane ad osservare, perché da immeritato Amore vengo raggiunta, accolta, avvolta, risollevata, e quindi amata. E la vita torna a rifiorire pre-annunciando la fine dell’inverno. Ti stai lasciando toccare da me Signore, pur sapendo chi sono, e forse con ansia mi aspettavi affinché Tu mutassi le “mie tenebre in luce, i luoghi aspri in pianura”. Oggi è come se Tu fossi qui solo per me. Mi desto un poco nell’udire la Tua voce: “Simone ho da dirti una cosa”. Parli rivolgendoti al padrone di casa, il quale prontamente risponde: “ Di pure maestro”. Dolcemente riprendi il Tuo parlare: “Un creditore aveva due debitori: uno gli doveva cinquecento denari, l’altro cinquanta. Non avendo essi di che restituire, condonò il debito a tutti e due. Chi di loro dunque lo amerà di più?”. Disorienti i presenti con questa piccola parabola, e forse lo fai per dare una nuova meta, per spingerli ad andare oltre i loro stessi pensieri.  Guardandosi intorno e accennando un sorriso, Simone  non può che dare una risposta ovvia per tutti: “Suppongo sia colui al quale hai condonato di più”.  Riprendi ora a parlare di nuovo: “Hai giudicato bene”. Il tuo sguardo si posa ora su di me, e mi guardi come nessuno mi ha mai guardata, mi avvolgi di una tenerezza cercata infinite volte in luoghi sbagliati ed ora trovata ora solo in Te. Poi, volgendoti di nuovo a Simone gli dici: “ Vedi questa donna? Sono entrato in casa tua e tu non mi hai dato l’acqua per i piedi; lei invece mi ha bagnato i piedi con le lacrime e li ha asciugati con i suoi capelli. Tu non mi hai dato un bacio; lei invece, quando sono entrato non ha cessato di baciarmi i piedi. Tu non hai unto con olio il mio capo; lei invece mi ha cosparso i piedi di profumo. Per questo io ti dico: sono perdonati i suoi molti peccati, perché ha molto amato. Invece colui al quale si perdona poco, ama poco”.   Di nuovo ti volgi a me, dicendomi: “I tuoi peccati sono perdonati”.  Cosa posso renderTi o mio Signore per il bene che mi hai fatto? Indenne, per Tua infinita grazia, ho attraversato il mare dei miei peccati, è la Tua Divina Misericordia che tenendomi per mano mi concede di camminarvi sopra il turbolento mare del mio passato senza che io venga inghiottita da esso. Ecco, ora tutti i miei peccati giacciono nel fondo del mare, dove anch’io giacevo fino a poco fa. Sublime benedizione che generata dalle Tue viscere materne vuole raggiungere la mia vita per condurla ad acque tranquille, concedendo ristoro alla mia anima. Sale un mormorio tra coloro che occupano la sala, domande che si rincorrono dicendo: “Chi è costui che perdona anche i peccati?”. Come li comprendo, anch’io mi ponevo la stessa domanda, anch’io avevo occhi e non vedevo, solo oggi posso dire chi è Costui: è  il Signore degli eserciti che con la Sua Parola affonda nel mare i cavalli e cavalieri del Faraone. Costui è la Giustizia divina, dinnanzi alla quale ogni nostro nemico indietreggia. Costui è il Santo d’Israele, che a ragione dovrebbe essere separato da noi, ed invece passa in mezzo a noi, che sta in mezzo a noi. Costui è il potente in battaglia che avanza come un prode per riconquistare a se le sue creature, ecco chi è Costui, insieme a molto altro ancora, perché nessuna parola umana potrà mai contenere l’Infinito. Solo ora lo comprendo, l’incontro con Te, con il tuo perdono ha aperto gli occhi del mio cuore e me lo ha rivelato. E’ ora la tua Parola che incurante su tutto e tutti che si posa ancora sulla mia vita: “La tua fede ti ha salvata; và in pace”.

 

 

 

 

 

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