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San Giuseppe e la Misericordia

(Mt 1,18-25 ;  2,13-23)

di Claudio Capretti

Il giorno sta volgendo al termine e seduto sulla panca, con gli occhi socchiusi do ristoro al mio corpo dopo le fatiche del giorno. Cerco di accogliere in me quella luce che Tu, o sommo Creatore dell’universo, hai donato agli uomini. Fra poco essa si spegnerà, ma ritornerà domani con il nuovo giorno. Il mio pensiero non può che volgersi a Te, Onnipotente Signore, mi alzo allora in piedi, allargo le mani e nel silenzio del mio cuore intono un versetto della preghiera delle Benedizioni, l’Amidah, che dice : “Padre nostro, Padre di Tenerezza, oh pieno di tenerezza, generaci, te ne preghiamo alla tua Tenerezza, e dà al nostro cuore  l’intelligenza per essere intelligenti, per ascoltare, per imparare, per insegnare, per custodire, e per fare e compiere nell’Amore tutte le Parole della Torah”. Quanta benevolenza hai usato con il tuo servo o Signore, quale grande dono hai concesso alla mia vita: quello di essere padre del tuo amatissimo Figlio e sposo verginale di Maria, Arca della Nuova Alleanza.  Mi hai posto come custode di questa santa famiglia, hai fatto di me l’uomo del silenzio che sogna gli angeli, che docilmente accoglie la tua Parola e si abbandona alla tua volontà.   Hai fatto di me un giusto secondo il tuo cuore. La mia vita è stata un continuo ascoltare la tua Parola, alzarmi e camminare dove Tu, o Signore del tempo e della storia, mi hai indicato attraverso i tuoi santi messaggeri.
Dolori e gioie hanno attraversato la mia vita. Primo fra tutti fu l’annuncio della divina maternità di Maria. Eravamo promessi sposi, quando improvvisamente si mise in viaggio verso sua cugina Elisabetta, la quale seppur in tarda età era incinta di un figlio. Del modo in cui Maria lo aveva saputo era per me ignoto, ma non importava, ero certo che era bene così.  Tre mesi dopo, la vidi ritornare ed era evidente a tutti che era in attesa di un figlio. Cosa le era successo? Qualcuno le aveva fatto del male?  Non sapevo cosa pensare, il cuore era come un mare in tempesta, e il silenzio di Maria non mi aiutò a venirne fuori.  Conquistato dal dubbio e preso dal vortice di opposte idee, decisi di ripudiarla nel segreto. Solo dopo capì il senso di quel silenzio, era giusto che lei tacesse, poiché era una cosa che riguardava me e l’Onnipotente.  Fu il primo sogno a rivelarmelo. Un angelo da Te inviato mi disse nel sonno: “Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere con te Maria, tua sposa. Infatti il bambino che è generato in lei viene dallo Spirito Santo; ella darà alla luce un figlio e tu lo chiamerai Gesù: egli salverà il suo popolo dai suoi peccati”. Accolsi in me questo annuncio, compresi che qualcosa di grande stava per accadere all’umanità tramite Maria, e me. Entrambi chiamati a pronunciare il nostro si a Te, o Signore. Ho immaginato molte volte come sarà stato il tuo si o Maria. Quali sentimenti in quel momento avranno attraversato la tua giovane vita?. Forse, il cielo stesso era in apprensione, forse temeva che la tua umiltà ti avrebbe impedito di dire si al progetto di Dio. Ma ciò non accadde, e hai creduto alla Parola del Signore. Niente più mi importava, neanche ciò che avrebbero pensato quelli del mio villaggio.
Misi da parte tutti i miei sogni per fare spazio al Sogno di un Dio che sceglie di farsi Uomo per incontrare l’uomo. Presi Maria come mia sposa senza conoscerla, in attesa che Tu, Gesù, Figlio dell’Altissimo nascessi.
Poi, un decreto di Cesare Augusto ci impose di metterci in viaggio verso Beth Lehem, luogo che significa “città del pane”, per il censimento.  Fu in questa cittadina da dove discendo, che in una grotta Maria diede alla luce Gesù. Quando nascesti, ho avuto la sensazione che quel luogo freddo, fosse stato il punto prescelto da Dio dove il Cielo si china sulla terra per baciarla. Ti amai moltissimo mio piccolo Yeoschua, fin da quando ti presi sulle mie braccia. Ti cullavo, ti sorridevo, ti parlavo e sembrava che Tu capissi già tutto.
Maria sorrideva nel sentirmi cantare vecchie melodie per farti addormentare. E la gioia avvolse la mia vita.  
Grande fu lo stupore dei fatti che accaddero in quei giorni. Ogni singolo avvenimento è conservato ancora nel mio cuore, e in quello di Maria. Gli angeli, i pastori, i magi guidati da una stella, tutti a contemplare il bambino appena nato.  Poi un nuovo sogno in cui l’angelo del Signore mi disse: “Alzati, prendi con te il bambino e sua madre, fuggi in Egitto e resta là finché non ti avvertirò: Erode infatti vuole cercare il bambino per ucciderlo”. Grande fu il timore che qualcuno potesse fare del male a Gesù e sua madre. Per questo, ci mettemmo subito in viaggio verso il luogo dove per molti anni il popolo d’Israele fu tenuto come schiavo, in Egitto.  La notizia di una strage di bimbi innocenti gelò il nostro cuore, avevamo l’impressione che la malvagità dell’indumeo Erode ci stesse inseguendo, come il faraone inseguiva il nostro popolo quando uscì dal paese d’Egitto. Solo ora mi viene in mente che gli indumei, impedirono il passaggio dei nostri padri verso la terra promessa. Oggi ho l’impressione che tutto ciò si stia ripetendo, poiché  quest’uomo fatto re non da Dio, ma da Roma, vuole ripetere la stessa cosa, mettersi di traverso tra Dio e il  popolo che vuole salvare.
L’attraversare il deserto, le difficoltà di un viaggio così lungo, non ci scoraggiarono, né ci chiedemmo il perché il Signore avesse scelto proprio quel luogo per nasconderci.  Sì, c’era un senso che sfuggiva ai nostri occhi, ma la certezza che il Signore ci guidava non venne mai meno. D’altronde come potevo scoprire i segreti che erano racchiusi nel cuore del Signore?  Passò del tempo, poi attraverso un nuovo sogno l’angelo del Signore mi disse: “ Alzati, prendi con te il bambino e sua madre e va’ nella terra d’Israele ; sono morti infatti quelli che cercavano di uccidere il bambino”.  Ci stabilimmo nella Galilea, a Nazareth per iniziare la nostra vita, ma altri dolori e gioie mi attendevano. Nel tempo stabilito ti portammo al tempio per presentarti al Signore, come è previsto dalla Legge. Fu li che incontrammo il buon Simeone il quale prendendoti sulle sue braccia ci annunciò quale era la tua missione, ma profetizzò  che una spada avrebbe trafitto il cuore di Maria. Non compresi nella pienezza quella profezia, la serbai nel mio cuore, ma forte fu il dolore per l’inevitabile sofferenza che avrebbe attraversato la vita di Maria.  Passarono gli anni, e al compimento del tuo dodicesimo anno andammo a Gerusalemme per festeggiare la Pasqua. Eri nell’età in cui avresti proclamato per la prima volta la Torah, tempo in cui saresti divenuto figlio del Comandamento. Perderti e cercarti per tre giorni, fu una grande angoscia. Poi ti ritrovammo nel Tempio, ed eri in mezzo ai dottori della Legge a colloquiare con loro. Eri seduto al centro, li ascoltavi e li interrogavi come un rabbi, ed ognuno di loro  era colmo di stupore.  Non capimmo il perché di quell’intenzionale distacco senza avvisarci, ti limitasti a dire: “Perché mi cercavate? Non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio?” .  Non comprendemmo quelle tue Parole, ma, ne eravamo certi, sarebbe giunto il tempo in cui tutto  sarebbe stato più chiaro. Quella volta compresi solo che ti eri  perso perché hai voluto perderti, perché il bene del tuo Padre Celeste era più importante del mio bene e di quello di tua Madre. Forse eravamo noi ad esserci persi non Tu. Eri già molto avanti e a fatica riuscivamo a starti dietro. “L’angelo del Signore si accampa attorno a quelli che lo temono e li salva”, certa è questa Parola o Signore, mi hai salvato dal dubbio, affinché attraverso di me salvassi  Gesù e sua madre dall’ira di Erode. Onnipotente Signore avresti potuto affidare Tuo figlio a chiunque altro, hai scelto me, un falegname, un artigiano del legno, e hai voluto questo mestiere anche per il tuo amatissimo Figlio. Vedi come impara presto?  Mi piace osservarlo di nascosto mentre lavora, e ne sono orgoglioso come un padre lo è con il proprio figlio.  Una volta, lo vidi accarezzare il legno che stava per lavorare, ed ebbi l’impressione che un turbamento stesse attraversando il suo animo, come se qualcosa di tremendo e salvifico al tempo stesso lo avrebbe atteso  attraverso quel legno.  Non mi accorsi che dietro di me c’era sua madre, la quale posò la sua mano sulla mia spalla, come a volersi sorreggere da un enorme peso che si era posato sul suo cuore. In quel momento condividemmo con Gesù quel profondo turbamento. Anche quella volta nel silenzio e senza capirne il perché.  I pensieri si fermano, con gli occhi chiusi e le mani ancora alzate, lascio che la mia anima torni a lodarti, dicendoti: “Di un amore eterno ci hai amati, Signore nostro Dio. Di una compassione grande e generosa hai avuto compassione di noi, Padre nostro, nostro Re! A causa del tuo grande Nome, e a causa dei nostri padri che si sono appoggiati su di Te, che hanno avuto fiducia in te, Tu insegnasti loro le regole della vita per compiere e fare la tua Volontà con cuore indiviso e pacificato, così rendici grazia”.  La preghiera è giunta al termine. Apro gli occhi, e solo ora mi accorgo che eri dinnanzi a me, mio giovane Yeoschua. Dolce e colmo di amore è il tuo sguardo, è come se fossi a conoscenza dei miei pensieri, come se fossi compiaciuto della mia preghiera, del mio abbandonarmi nelle mani del Tuo e mio Padre celeste.  E il cuore si riempie di indescrivibile gioia nel contemplare il tuo volto, il volto della Parola fatta carne per congiungere le vette dell’infinita Misericordia, con gli abissi della sconfinata miseria umana. Dove ti condurrà la tua missione figlio mio? Questo nostro popolo ti riconoscerà? Io sarò lì con Te? Ma  è presto per parlarne, sei ancora un ragazzo. Allontano da me questi pensieri e ricambio il tuo sorriso. Poso la mia mano sul tuo capo scompigliando un poco i tuoi capelli, vi tolgo qualche ricciolo di legno che ne è rimasto impigliato. Sorridi, ed è bello perdersi nel tuo sguardo. Lungo la strada, appoggio il mio braccio sulle tue spalle sento il tuo cingermi i fianchi, scherziamo un poco, come ogni padre fa con il proprio figlio. Sull’uscio di casa intravediamo Maria, il suo volto si illumina, ci saluta con la mano vedendoci arrivare. Mi guardi come a volermi chiedere il permesso di correrle incontro. I miei occhi ti rispondono di si. Corri avanti a me, ed è bello vedere la Santità che va incontro alla Purezza e la abbraccia con infinita tenerezza.  Vi raggiungo e prendo parte anch’io di questa gioia. Sento cielo gioire nel vederci insieme, sembra quasi che si chini su di noi . Ed è bello, meraviglioso e misterioso, quello che Tu, Onnipotente Signore, hai preparato per il tuo giusto servo.

 

 

 

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