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Riflessioni di Don Daniele Dal Prà sulla Unitotalità

Dal testo di VSolov'ëv

 

"I FONDAMENTI SPIRITUALI DELLA VITA"

V. Solov'ëv, I Fondamenti Spirituali della Vita, Marietti, Torino 1949

 

Prima di prendere una decisione importante per la propria vita personale o per la vita sociale, basta richiamare nella nostra anima la figura morale del Cristo, penetrarcene soprannaturalmente e farci questa domanda: potrebbe Egli agire così? O, in altri termini approverà o no questa azione? Mi benedirà o no se la compio? A tutti propongo questo controllo che non ingannerà (1).

 

INTRODUZIONE

Vladimir Solov’ëv, nella sua opera I fondamenti spirituali della vita, esprime una filosofia atta a ripensare nella radicalità i fondamenti del Cristianesimo, attingendo anche alla filosofia europea, e divenendo in un certo senso, un filosofo scomodo per ciò che attiene le sue riflessioni politico-sociali e per le sue idee escatologiche.
Fulcro di questo orizzonte è il concetto di Unitotalità, ossia l’idea del reale e della verità, intesa come bene, che nella bellezza esprimono l’unica forma sensibile. L’autentica bellezza è sempre frutto della compenetrazione reciproca del fenomeno materiale con il principio spirituale, una teoria ben precisa dell’essere e della vita intesi come organismo universale e integrale. Da questa totalità organica del reale che è incentrata sull’Incarnazione di Cristo, la bellezza in quanto manifestazione storica della sofia, finisce per assumere un preciso rilievo salvifico sia sul piano ontologico che cosmologico. Il pensiero di questo filosofo matura già nella sua infanzia, infatti attraverso alcuni episodi del suo vissuto ne possiamo scoprire un senso del sacro che rimane vivo in lui, anche nell’età adulta e la chiara concezione di come nel Tutto è l’Uno e l’Uno è il Tutto. Il suo pensare è soprattutto un pensare l’Unità, un concetto filosofico che supera il dilemma uno-molteplice classico in filosofia: c’è dunque una unità possibile da scoprire, perché c’è uno spirito che unisce tutto.
L’analisi al testo che mi prefiggo adesso di analizzare, avviene tenendo sullo sfondo una domanda atta a chiamare in causa lo stesso filosofo, al fine, di sottoporre il suo pensiero anche ad una analisi critica. Il ricercare i fondamenti di un Cristianesimo integrale e universale, ossia, la ricerca di una nuova coscienza cristiana in grado di confrontarsi creativamente con le forme razionali della cultura e del sapere moderni, davvero riescono a non concepire una separazione tra conoscenza empirica-razionale e mistica, capace di manifestare la realtà stessa oltre il suo apparire fenomenico?


NATURA, MORTE, PECCATO, LEGGE E GRAZIA

Per Solov’ëv, due ali invisibili, elevano l’anima umana sopra la natura: la sete di immortalità e la sete di verità. L’uomo anelando per natura a vivere sempre, scopre come la legge della natura terrestre non riesce a dargli quella vita eterna di cui ne assapora il desiderio. La sua analisi parte da un fatto: noi vorremmo elevarci al di sopra del resto della natura, ma la morte ci abbassa al livello di tutte le creature della terra e il peccato ci rende perfino peggiori di queste. L’uomo non si accontenta di comprendere con l’intelletto che la via naturale della vita, è affatto insufficiente: la sua coscienza, questa via, gliela presenta anche come peccato, perché nell’uomo si manifesta la volontà di vivere secondo il dovere. Il peccato generato dalla legge (2)  porta l’uomo alla morte spirituale, come la via della natura lo porta alla morte naturale, così alla sofferenza naturale si va ad aggiungere la sofferenza morale che proviene da questo interiore sdoppiamento. Il bene esiste al di fuori e indipendentemente dalla nostra natura e dalla nostra ragione, l’Essere che possiede da sé la pienezza del bene e la sorgente della grazia, è Dio. Credere in Dio, è riconoscere che il bene attestato dalla nostra coscienza, nella cui ricerca spendiamo la vita, esiste in se. Senza questa fede che è, in pari tempo, dono divino e atto nostro proprio e libero, dovremmo ammettere che il bene in realtà non esiste.


PREGHIERA, ELEMOSINA, DIGIUNO

Avendo raggiunto la convinzione dell’impotenza della nostra buona volontà, conseguenza di questa kenosis, è il sentire in noi il bisogno morale di cercare un’altra volontà che non solo desideri il bene, ma lo possieda e possa per ciò stesso comunicarcene la potenza: questa volontà nella fede si rivela a noi, e nella preghiera ci unisce a sé. L’anima umana avendo inclinazione ad essere libera e perfetta, non possiede per se stessa ne libertà né perfezione; può divenire feconda ma, a questo scopo, è necessario che un altro principio entri in attività, un altro principio che porti in sé un certo potere creatore: questa è così il primo atto di fede in cui Dio e l’uomo agiscono uniti. Rifacendosi alle parole della Scrittura, per la quale la fede senza le opere è morta (3) , Solov’ëv sottolinea essere la preghiera la prima di queste opere, la vera arma capace di rimuovere gli ostacoli al compimento della volontà divina derivanti dall’orgoglio dello spirito e dalla concupiscenza. La preghiera vera unione morale, unione di grazia con Dio, differisce così da tutte le altre relazioni, perchè l’uomo, nella vera preghiera, unendosi a Dio, non unisce a Lui soltanto la sua anima, ma anche tutti gli altri esseri, divenendo come uno di quegli anelli che legano insieme Dio e la creazione, il mondo divino e il mondo naturale. Il pensiero di Solov’ëv sottolinea la necessità per l’uomo di abbandonare un sentimento religioso fondato sul timore per un rapporto di amore, ossia una forma di culto che espliciti la libera unione della volontà umana con la volontà divina L’uomo religioso, che unisce la propria volontà, principio di tutto il suo essere, alla volontà divina, innalzandosi fino alla vetta di una religione pura, dopo essersi unito moralmente alla Divinità, egli, così illuminato e rinnovato, ridiscende nel mondo per entrare in una nuova relazione di ordine religioso con gli altri uomini. Il precetto di questa unione nuova è l’amore perfetto, che si manifesta massimamente con la beneficenza o l’elemosina. La preghiera ci ha ottenuto la grazia, l’elemosina come la fede ci impone di agire verso tutte le creature che, a causa del nostro peccato, gemono e soffrono fino al presente, come strumenti di grazia non solo capaci di amare anche il nemico, ma di estendere la potenza teandrica al mondo intero, combattendo il manifestarsi della tendenza insaziabile e sfrenata delle forze naturali, con l’astinenza, la continenza o il digiuno. Quando preghiera, carità, e astinenza sono congiunte, allora opera l’unica grazia divina: e questa non si limita a farci aderire a Dio nella preghiera, ma ci assimila alla Divinità nella carità e alla Divinità esente da ogni bisogno nell’astinenza. Non può esservi separazione reale fra vita interiore e vita esteriore, fra ciascun singolo individuo e il suo ambiente collettivo; perciò incombe il dovere di conoscere l’essenza della rivelazione storica e i nuovi doveri, non più doveri personali, ma doveri sociali che questa rivelazione impone.


IL CRISTIANESIMO

Nella prima parte del suo percorso Solov’ëv ci ha dato occasione di riflettere su come il male sia un fatto universale perché ogni vita comincia con la lotta e la malvagità, si perpetua nella sofferenza e nella servitù e trova il suo termine nella morte e nella putrefazione. Se dunque è un fatto che l’esistenza umana sia assurda ed irrazionale, il cristianesimo, religione della salvezza presuppone questo fatto (4) .
Ed è nella seconda parte, del suo libro, che il filosofo servendosi della prima lettera di Giovanni con annesso Vangelo, sviluppa sul Cristianesimo la sua analisi ponendosi i seguenti interrogativi. Come mai se la buona novella della salute del mondo è la strada che il Cristo ha aperto, il mondo giace ancora nel male? Ed ancora, il senso vitale del cristianesimo, essendo rifugiato nelle profondità tenebrose dell’anima popolare, come potrà, rivelarsi in tutta chiarezza?
Solov’ëv avverte che il mondo ha in sé un significato, e come uno splendente raggio di luce si apre la strada attraverso l’assurdità che lo ricopre, verso quella unità assoluta, nella quale gli esseri, unendosi al Tutto, hanno la vera loro esistenza. Questo Tutto, ossia il Verbo primo di Dio che, per conto suo, non ha principio, abolisce ogni esistenza particolare, isolata dalle altre, ricongiunge un essere all’altro con legami indissolubili e ciascuno ricongiunge all’insieme, formando di una moltitudine caotica un mondo unico.
La perfetta incarnazione del senso assoluto nel mondo, come in un organismo vivo della Divinità in cui Dio sarà Tutto a tutti, è la fine dell’opera il cui inizio è segnato dall’Incarnazione dello stesso senso divino nell’essere individuale di Gesù.

 

LA CHIESA LO STATO E LA SOCIETÀ

La Chiesa, dalla forma di piccola comunità primitiva, cresce a poco a poco e si sviluppa fino ad abbracciare, alla fine di tempi, l’umanità intera e la natura in un solo organismo universale e teandrico. L’Incarnazione, vale a dire l’unione personale di Dio con l’uomo erede del peccato originale, non può essere più immediata, ma deve essere acquistata, anche attraverso l’essenza dei sacramenti. Cattolici e divini sono tutti i sacramenti della chiesa nel senso ancora che abbracciano e santificano non solo la vita morale e spirituale dell’uomo, ma anche la sua vita fisica. Consacrano e ricollegano a Dio i principi elementari della natura materiale di tutto il mondo visibile. Queste forme sono cattoliche per la loro stessa sostanza e il loro fine che consiste nella restaurazione dell’umanità e dell’universo mediante il ripristino della loro unità con Dio.
Per questo la Chiesa può scendere fino alle realtà temporali per gli stessi gradini che lo Stato sale per elevarsi fino all’ideale della Chiesa. Lo Stato cristiano riunendo in sé i tratti dello Stato orientale e dello Stato occidentale, rendendo sovrano e sudditi entrambi uguali, attraverso la Chiesa, ridona libertà e movimento alla società che nel mondo antico era vincolata nel suo strato inferiore dalla schiavitù e nel suo strato superiore dall’assolutismo. È vero che l’occidente antico, nella filosofia, nell’arte e nella politica, si evolveva verso l’idea dell’uomo, ma in tutti questi campi non poteva, da questo umanesimo, attingere che la forma. La libertà assoluta non può appartenere all’uomo al di fuori di Dio, e l’umanità non può trovare un punto d’appoggio superiore al mondo in un dominio veramente assoluto e non si libera dal mondo se non con l’apparizione del Dio-uomo. Solo così potrà apparire l’uomo libero e anche la possibilità di una società libera divino-umana. È questo scopo, che il popolo cristiano vuole nell’intimo della sua anima, perché è la realizzazione effettiva e l’oggetto della propria fede: la restaurazione della realtà umana e del mondo che lo circonda secondo l’immagine e la rassomiglianza della verità cristiana: l’incarnazione della Divino-umanità. Lo scopo supremo della morale individuale e della morale sociale è che tutto e tutti diventino conformi all’immagine di Cristo, in cui abita corporalmente tutta la pienezza della Divinità.


CONCLUSIONE

In questa sapienza che vuole tutti uniti in una medesima volontà, perché soltanto attraverso questa comune volontà d’unione, l’universo esiste, Dio, si presenta a noi come un essere reale nel Cristo. Il Cristo, con la sua realtà vivente e indipendente dai limiti della nostra personalità, ci è rivelato nella Chiesa, l’unica in grado di presentarci la realtà divina sulla terra; una Divinità che avendo unito alla sua sostanza il principio umano propriamente detto e quello della natura, richiama lo Stato e il popolo, ad entrare in intima unione con l’elemento Divino per essere messi in armonia.
Pur ritrovando in Solov’ëv, un rapporto di familiarità con il mondo spirituale, tale da occuparsi di mistica, citato anche nel magistero della chiesa cattolica (5) , per questo suo unire filosofia e rivelazione, e ricordandolo come personalità, che con grande chiarezza avvertì anche il dramma della divisione fra i cristiani e l’urgente necessità della loro unità, va pure osservato come in lui resti lontana l’idea di una vera iniziazione cristiana così auspicata nel mondo cattolico, come conseguenza del Concilio Vaticano II.

 


1 V. Solov’ëv, I fondamenti spirituali della vita, Marietti, Torino 1949, 7-8.
2 Cfr. Rm. 4,15
3 Cfr. Gc. 2,20
4 Cfr. Gv. 1,1-3
5 Cfr. GIOVANNI PAOLO II, Lettera enciclica Fides et Ratio, 74 [1998].

 

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