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Riflessioni di don Daniele Dal Prà sulla Differenza Sessuale

Dal testo di Livio Melina

 

"IMPARARE AD AMARE"

L. Melina, Imparare ad amare, Cantagalli, Siena 2009

 

INTRODUZIONE

La differenza tra mascolinità e femminilità nell’essere umano, ci spinge necessariamente alla ricerca della verità, che è apportatrice sin dall’origine, di un elemento di unione delle differenti realtà. L’origine di questo principio, è impresso nell’esperienza umana stessa, attraverso il cuore e la corporeità dello stesso uomo e donna. Parlare di corporeità, assume in questo contesto il porre attenzione al corpo, considerato, non l’oggetto della libidine o della propria solitudine, ma il sacramento che svela l’originalità della persona umana. Il corpo non solo percepisce la realtà, ma anche se stesso come fonte della stessa percezione (1), è toccato dalla realtà, da essa viene interpellato, attraverso il corpo l’essere umano si rende parte integrante del visibile, ma lo può altresì superare, per avere distintamente dal mondo animale o vegetale, una coscienza senziente. Nel mondo nel quale è inserito, nel quale vive la propria storia, l’uomo, coinvolto in quella forma di dinamismo dell’agire, e vivendone l’esperienza dell’operatività, diviene soggetto distinto dalla struttura stessa del mondo. L’uomo non è solo agente ma anche creatore della sua azione, forma se stesso agendo, e in ciò che è interno ed intransitivo a questo atto può divenire fonte della sua felicità. Questo realizzarsi della Persona nello stesso atto, dipende dall’unione attiva e interiormente creativa della verità con la libertà. Queste relazioni significano la felicità per l’uomo, specie quelle che nel loro significato essenziale hanno il loro riferimento all’Altro: l’uomo nella sua mascolinità e femminilità, è soggetto aperto alla relazione, e nell’amore compie se stesso come Persona.

 

LA DIFFERENZA SESSUALE E IL SUO MISTERO NUZIALE

Giovanni Paolo II risalendo all’esperienza dell’originario incontro tra uomo e donna ne illumina i suoi elementi fondanti, e mostra nella ricerca del principio nel Libro del Genesi, sia nell’analisi del suo testo elohista (2)  che jahvista (3), la creazione dell’uomo nell’unità di due esseri. Una unità che mentre denota la identità della natura umana; lascia trasparire una dualità che invece, manifesta ciò che in base a tale identità, costituisce la mascolinità e la femminilità dell’uomo creato (4); solo così si può comprendere come attraverso la mascolinità e femminilità si abbia il superamento della solitudine umana. Da questa solitudine originaria l’uomo può acquistare una personale coscienza ed aprirsi all’Altro, esistendo come Persona accanto a una Persona. Dal tardemah nel quale era caduto adam vediamo il risvegliarsi della communio personarum (5): ’ish-’ishshah; la Persona umana come intentium orientata alla communio, comincia a capire che essa è uguale e simile a Dio ma in una grande differenza. Un’antica tradizione rabbinica interpreta le due lettere del termine ’ishshah, come un’abbreviazione del nome di Dio, a significare che ciò che è iscritto nella differenza sessuale è proprio il nome di Dio. Questo aneddoto ebraico ci aiuta a comprendere nella mascolinità e femminilità, una unità profonda, che rivela nella originaria solitudine, la univoca chiamata alla trascendenza. Questo risalire alle fondamenta creaturali dell’uomo e della donna, rivelano un disegno non solo radicato nella Sacra Scrittura, ma anche una realtà invisibile impressa nel cuore e nella corporeità umana, che si rende visibile attraverso l’esperienza dell’amore. Adamo esprime con la parola questo stupore: questa sì che è carne della mia carne e ossa delle mie ossa (Gen. 2,23), scoprendosi in questa donazione reciproca, entrambi dati l’Uno all’Altro come dono. Appare l’identità di persone uniche ed irripetibili; una percezione globale del corpo altrui come soggettività, che interpella e risveglia la soggettività del proprio corpo, a partire dalla differenza (6). È una differenza che chiama alla comunione, all’esistere come chiamata ad uscire da se stessi verso l’Altro, a prendere coscienza attraverso la propria identità filiale-sponsale-generazionale del vero cammino che conduce alla pienezza con il Creatore. Dio edifica la donna, potremmo dire come si edifica il tempio, la casa, il luogo dove la coppia abita per vivere in pienezza le caratteristiche della propria sponsalità, che si manifestano già da questo inizio di sacramentalità nell’espressione più alta e nobile dell’unione matrimoniale attraverso la propria mascolinità e femminilità. La nostra analisi sulle pagine del Libro del Genesi ci mostrano anche, l’uomo e donna che non hanno compreso appieno questa Parola scritta dal Creatore nella sponsalità del loro corpo. Adamo vuole essere autonomo, differenziarsi dalla vocazione che la Paternità Divina aveva inscritto nelle sue membra e utilizza la sua libertà in maniera non responsabile. La medesima umanità che doveva essere trasferita nell’Altro rimane con la concupiscenza estrinseca, non lo interpella più; accanto a lui non vi è più un altro modo di essere uomo nella complementarietà, ma un Io relegato e schiavo nelle proprie passioni; una quotidianità del proprio esistere ed una corporeità priva del suo significato e senso. La responsabilità e la libertà perduta così come il mistero profondo dell’origine non è comprensibile se non è relazionato al tempo ed alla storia concreta nel quale il Dio di Abramo, Isacco, Giacobbe agisce. È infatti un Dio che entrando in un’alleanza del tutto originale con il suo popolo, nella sua irrinunciabile fedeltà ne perdona i tradimenti e rinnova con lui la sua alleanza nuziale. Gesù è colui che da compimento e ristabilisce completandolo il sacramento originario, manifestando il volto del Padre; Cristo, è lo sposo che dona la sua vita per la Chiesa sua sposa, generando nello Spirito Santo, nuovi figli alla vita nuova. Lo stesso Paolo chiamerà grande, questo mistero in riferimento a Cristo-Chiesa in analogia con quel mistero iniziale che Cristo ha rivelato nella sua pienezza. Gesù, il quale non è venuto ad abolire la legge ma a darle compimento, sino al dono di Sé sulla croce, introduce nell’immagine della mascolinità e femminilità come archetipo di amore, la possibilità di superare le barriere umane dell’egoismo e della passione orientandoci al cielo. La venuta del Regno di Dio è apportatrice del nuovo stato di vita in vista delle nozze dell’Agnello (Ap. 22) che nella differenza sessuale divenendo un misterioso anticipo del significato pieno e finale dello stesso desiderio amoroso, ossia la comunione con Dio, trova adesso anche nel carisma della verginità quella filiazione-sponsalità-fecondità impressa da sempre nell’uomo e nella donna.


CONCLUSIONE

Nella cultura odierna la corporeità ha perso il suo significato, e l’universo stesso trovandosi frantumato è mancante di senso. Nel passato la filosofia intraprendeva la sua navigazione verso la ricerca della verità, elemento che la visione cartesiana, espressione della filosofia moderna, sembra aver allontanato. Si avverte, quindi, la necessità di rileggere il mistero dell’uomo nel suo orizzonte storico, in cui il passato fa riferimento ad un futuro più grande, per trovare la sua verità che anticipava. La mascolinità-femminilità inserita nel contesto nuziale, sono oggi la rotta di questa nuova navigazione.


1 L. MELINA, Imparare ad amare, Cantagalli, Siena 2009, 61.
2 Gen. 1
3 Gen. 2
4 GIOVANNI PAOLO II, Uomo e donna lo creò, Città Nuova, Roma 20099, 58.
5 Gen. 1,17
6 L. MELINA, Imparare…, cit., 65-66.

 

  

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